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«Mirabilia», il mondo surreale di Gigi Bon fra le calli veneziane

gigi bon in studioIl torinese Elémire Zolla, con la spegiudicatezza intellettuale che lo rese un mito della contestazione negli anni Sessanta, sosteneva che la miglior risposta al mondo moderno, inteso come cultura di massa, è il riappropriarsi della capacità di «fantasticare» (Storia del fantasticare,1964). Un «deliberato passatempo di liberazione culturale» che l’uomo aveva scoperto solo sul finire del XVIII secolo per sopravvivere all’angosciante schematismo formale proposto dal tardo Illuminismo e che, da allora, ha ispirato i vari sovvertimenti delle avanguardie letterarie e dell’arte figurativa, sino a produrre la fantasticheria organizzata del Surrealismo.
Ma nel XX secolo la capacità del «fantasticare » cadde in mano a una nuova industria (cinema, radio, tv) che costrinse l’uomo ad un sonnambulismo perpetuo, sottraendogli la possibilitá di produrre liberamente le proprie immagini.
Tra i pionieri settecenteschi di questa rivolta I contro la massificazione intellettuale, fino a ieri venivano indicati Sterne, Rousseau e Moritz; ma, dopo recenti e seri studi compiuti da ricercatori francesi (Casanova l’Européen), stiamo scoprendo che l’ispiratore potrebbe esser stato proprio il nostro vituperato Casanova. Una scoperta di fatto già preconizzata da Giovanni Comisso e Piero Chiara negli anni Sessanta quando sostenevano che Giacomo, figlio di una cittá di per se stessa surreale, con ogni probabilità intendeva più stupire con racconti «mirabolanti» che rievocareepisodi realmente accaduti. Oggi, a Venezia, in quella stessa calle Malipiero dove nacque Casanova, a due passi da Palazzo Grassi e in una cornice di pura venezianità sopravvissuta all’epidemia di negozi carnascialeschi, la grande tradizione settecentesca del «fantasticare » da dieci anni sta rivivendo una nuova stagione nello studio Mirabilia di Gigi Bon. Entrare nel suo laboratorio è come socchiudere la porta di una di quelle «Camere delle Maraviglie » rinascimentali, dove i nobili custodivano rarità di ogni genere e dove raccoglievano mille stranezze vere o artefatte, e attorno alle quali si scatenavano le fantasie di artisti e poeti inseguiti dalle inutili polemiche di scienziati e filosofi. Nuova esponente di quest’arte per il fantastico che si contrappone con forza all’ovvio desolante dei nostri giorni, Gigi Bon ci fa riscoprire con le sue opere il piacere di stupirsi per il solo piacere di sentirsi vivi. Propone paesaggi veneziani surreali, talvolta popolati da animali improbabili, prendendo spunto da substrati storico- culturali o da avvenimenti concreti che scompone e ricompone fino a sublimarli con un’opera alchemica di talento in dimensioni diverse e stimolanti.
È il caso della sua ultima opera presentata a Venezia nei giorni scorsi, dedicata stavolta ai pulcherrimi monstri di Virgilio, i rinoceronti, che colloca in ogni angolo della cittá lagunare e che, come scrive Paola Gribaudo nella presentazione: «si muovono in scenari reali e fantastici, giocando un doppio ruolo: da un lato rappresentano se stessi, dall’altro sono immaginifici residenti che si muovono attraverso il tesoro e i mosaici della Basilica di San Marco od attoniti si ritrovano a passeggiare nell’acqua od a rimirare fantastiche apocalissi subacquee» (Gigi Bon,Mirabilia, Studio Gribaudo ). rinoUn rinoceronte c’era stato a Venezia nel lontano 1751 e Pietro Longhi lo aveva ritratto. Allora aveva destato enorme stupore e aveva sollevato un vespaio di polemiche tra gli studiosi mentre gli artisti, come al solito, attingendo ai racconti di Giambattista Ramusio, si interrogavano sul significato simbolico di quel corno che svettava sul muso. Alla fine, attingendo ai canoni della tradizione occidentale, concordarono nel ritenere «il corno-rinoceronte», simbolo di forza attiva e abbondanza intellettuale, un buon auspicio per Venezia. Cosí, quando l’anno seguente venne istituita dal nuovo doge Loredan l’Accademia di Belle Arti per potenziare l’arte veneziana, si sostenne che il messaggio del rinoceronte era stato puntualmente rispettato. Salutiamo allora i Rhini di Gigi Bon augurandoci che siano di buon auspicio per l’arte veneziana, oggi a un critico giro di boa con la nuova edizione della Biennale.
Gabriele Rossi-Osmida

Testo tratto dall'articolo del giornale CULTURA del 27 giugno 2002.

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Gigi Bon Venezia - Studio d'Arte "Mirabilia"
incontro magico tra il fantastico, l'impossibile, il meraviglioso...

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